Nascere a Gaza
18-12-2025 | di COOPI

Nascere a Gaza

Prosegue l’impegno di COOPI a Gaza, in uno dei contesti umanitari oggi più complessi e drammatici al mondo.

La distruzione diffusa delle infrastrutture civili, il collasso del sistema sanitario e gli sfollamenti di massa hanno reso l’accesso alle cure di base sempre più difficile, soprattutto per donne, bambini e persone vulnerabili. In questo scenario, garantire assistenza sanitaria essenziale non significa solo intervenire sulle strutture, ma anche rafforzare le capacità delle comunità locali di rispondere all’emergenza.

Attraverso il progetto "Aiutiamo Gaza", COOPI lavora al fianco di organizzazioni locali affidabili per sostenere interventi di assistenza sanitaria d’emergenza, primo soccorso e supporto psicosociale, con un’attenzione particolare alla formazione di donne e giovani operatori comunitari. L’obiettivo è portare competenze salvavita direttamente nei rifugi, nelle scuole trasformate in centri di accoglienza e nelle aree dove ospedali e cliniche non sono più funzionanti.

È in questo quadro di cooperazione concreta e resilienza quotidiana che si inserisce la storia di Halima, una giovane donna formata come levatrice d’emergenza, capace di trasformare la formazione ricevuta in un gesto di cura decisivo, là dove tutto sembra mancare.

La storia di Halima

Halima (nome di fantasia) ha ventotto anni ed è nata a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Prima della guerra, studiava per diventare medico, ma l’università era stata chiusa, poi distrutta. Quando viene a sapere che COOPI – Cooperazione Internazionale, insieme ad alcuni partner locali presenti ed operativi a Gaza, sta organizzando una formazione d’emergenza per levatrici, decide di iscriversi. Non sapeva se sarebbe mai tornata in un ospedale vero; sapeva però che le donne continuavano a partorire, anche sotto le bombe.

La formazione dura una settimana, in uno dei pochi edifici rimasti, adattato a centro di apprendimento. Halima impara come assistere un parto normale in contesti estremi, come riconoscere i segnali di pericolo e come intervenire senza elettricità, senza acqua corrente, con strumenti ridotti all’essenziale. Approfondisce il metodo Kangaroo, il contatto pelle a pelle che permette di tenere in vita i neonati prematuri o ipotermici quando incubatrici e farmaci non sono disponibili. Partecipa a esercitazioni pratiche, simulazioni; ripassa protocolli di emergenza pensati per rifugi e tende. Per la prima volta dall’inizio della guerra sente che, nonostante tutto, può essere utile.

Poche settimane dopo, quella formazione diventa realtà. È notte quando una donna sfollata arriva alla tenda-ambulatorio improvvisata in una scuola. Le doglie sono avanzate, l’ospedale più vicino non è raggiungibile. Halima riconosce subito la situazione: il parto è rapido, ma complicato dalla stanchezza e dalla malnutrizione. Mette in pratica ciò che ha imparato: organizza lo spazio, parla alla madre con voce calma e ferma, guida la respirazione. Quando il bambino nasce, è piccolo e freddo. Senza esitare, Halima applica il metodo Kangaroo, come ha fatto durante il training. Avvolge madre e figlio in una coperta, li tiene pelle contro pelle, controlla il respiro, il colore, il calore. Il pianto arriva dopo pochi secondi che sembrano infiniti.

Nei giorni successivi Halima continua a spostarsi tra tende, scuole e rifugi. Non è sola: come lei, altre donne formate iniziano a offrire assistenza a migliaia di sfollati interni, portando competenze sanitarie di base in un sistema sanitario ormai inesistente. Le levatrici formate non garantiscono solo assistenza al parto: spiegano, rassicurano, restituiscono un frammento di dignità in un momento in cui tutto sembra perduto.

Nel racconto di chi resiste tra le macerie di Gaza, il lavoro di organizzazioni come COOPI si intreccia con storie come quella di Halima: sostegno alle comunità, rafforzamento delle competenze locali, presenza costante accanto alle persone più vulnerabili. Non gesti eroici, ma azioni concrete, silenziose, che permettono alla vita di continuare anche quando il contesto sembra negarla.

Halima oggi non sa cosa sarà del suo futuro. Sa però che quella formazione le ha dato qualcosa che la guerra non è riuscita a toglierle: la capacità di salvare vite, una alla volta, e la certezza che anche nel buio più fitto qualcuno può ancora nascere, e sopravvivere.

Cover photo: ph. Alessandro Gandolfi per COOPI