Giornata del Rifugiato in RD Congo. No alle violenze sessuali
20-06-2017 | di COOPI

Giornata del Rifugiato in RD Congo. No alle violenze sessuali

Il 20 giugno è la Giornata mondiale del Rifugiato. Una festa che COOPI celebra assieme alle migliaia di rifugiati che assiste pressoché in ogni Paese di intervento: dal Bacino del Lago Ciad all'Africa centrale, dal Corno d'Africa al Medio Oriente. Una festa in cui sentirci vicini ai nostri operatori umanitari che, per soccorrere le popolazioni in fuga da guerra e fame, si trovano a vivere e lavorare in luoghi remoti e poco accessibili, come il dott. Kambale Sorgho.

Raggiungiamo il dott. Sorgho a Ango, una località della provincia del Bas Uélé, nel nord della Repubblica Democratica del Congo - piena foresta tropicale, scarse possibilità di connessione telefonica. Il nostro medico è il responsabile del progetto "Lotta contro le violenze sessuali e basate sul genere all'interno delle comunità dove vivono i rifugiati centrafricani", finanziato dall'UNHCR, l'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati.

Dott. Sorgho, noi europei tendiamo ad associare il tema dei rifugiati con quello di coloro che bussano alle nostre porte. Invece il tema è ben più ampio: ci sono crisi a noi semi-sconosciute, ma di vasta portata, che spingono migliaia di persone a scappare verso Paesi altrettanto fragili. Come nel caso che segue lei. Ci può raccontare per quale motivo migliaia di centrafricani si sono riversati nella vicina Repubblica Democratica del Congo?

Dal dicembre del 2012, la Repubblica Centrafricana vive una crisi senza fine: scontri tra gruppi armati hanno minato la sicurezza della popolazione, distrutto l'economia e il tessuto sociale dell'intero Paese. Violazioni dei diritti umani e miseria spingono chi può a scappare. Solo due fiumi, il Mbomu e l'Ubangi, dividono la Repubblica Centrafricana da quella Democratica del Congo: ebbene c'è chi li attraversa riuscendo a portarsi dietro pochi viveri e vestiti e chi invece, a causa di un attacco improvviso, è costretto a scappare con quello che ha addosso.

Sappiamo che le due popolazioni confinanti, la centrafricana e la congolese, si sentono in realtà un tutt'uno. Prima del nostro arrivo, come sono stati accolti i rifugiati nel Bas Uélé?

Sono stati subito accolti dalle autorità locali, ospitati in famiglie di accoglienza e assistiti dalle comunità religiose e dalle associazioni filantropiche. Uno dei problemi maggiori riguarda le violenze sessuali e di genere che minacciano le donne, senza differenza alcuna tra rifugiate e autoctone.

Ed è questo il tema del nostro intervento nel Bas Uélé dal 2014. Secondo le ultime rilevazioni, la violenza sessuale e basata sul genere rappresenta il 32% della violenza subita dalle donne.  Parliamo di  stupri, aggressioni fisiche e sessuali, matrimoni precoci, negazione di servizi, risorse e opportunità, violenza psicologica. Quali sono le radici di questa violenza?

Le radici sono di tipo culturale. Ci sono credenze arcaiche che giustificano la violenza sessuale: per esempio, un uomo dimostra la sua potenza attraverso la sua fecondità; un uomo acquista longevità se ha rapporti sessuali con minori, specie se vergini; oppure i bambini nati da madri giovanissime sono i più intelligenti; le ragazze che non hanno rapporti sessuali a partire dalla giovanissima età sono votate alla frigidità e alla sterilità. Ci sono poi  usi e costumi che promuovono i rapporti sessuali occasionali o li autorizzano nella cerchia familiare acquisita. Ed infine, in questo quadro, si aggiunge anche la prostituzione, infantile e non, come mezzo di sopravvivenza; la mancata conoscenza delle leggi nazionali e del diritto internazionale che tutelano le vittime di violenza, sia da parte della popolazione civile che delle autorità locali; l'impunità degli autori della violenza, il difficile accesso alle strutture giuridiche competenti in materia di giudizio.

Cosa fa COOPI per contrastare questa cultura di abusi e violenze?

Lavoriamo nelle scuole, nelle famiglie e nelle comunità, per sensibilizzare contro le violenze di genere, coinvolgendo attivamente gli insegnanti, gli alunni, i genitori, le autorità locali e le organizzazioni della società civile, ivi compresi i comitati dei rifugiati; inoltre offriamo assistenza psico-sociale alle vittime e le indirizziamo verso le strutture idonee per affrontare il percorso di denuncia. È una lotta importante, legata certamente al rispetto dei diritti umani; ma è anche una lotta fondamentale per rompere il ciclo della povertà, perché donne e bambine segnate dal trauma, allontanate e colpevolizzate dalla famiglia, contagiate a loro insaputa dall'HIV/AIDS, rese madri in giovane età e quindi tagliate fuori dalla scuola, rendono ancora più fragile la ripresa sociale ed economica di una intera comunità.

È  vero che le donne sono vittime di violenza, ma se noi non volessimo vederle sotto questa etichetta? Ci può  raccontare la storia di una donna che ha riguadagnato la sua dignità ed è diventata un esempio per gli altri?

Mi viene in mente una ragazzina rifugiata di 15 anni che, dopo aver ascoltato una sensibilizzazione di COOPI, ha preso coraggio e si è rivolta al nostro centro di ascolto. All'operatore psico-sociale ha confessato che dall'età di 13 anni subiva violenze sessuali: gli uomini approfittavano della sua vulnerabilità (era una bambina sola - noi la definiamo "minore non accompagnata"); la assalivano o la "seducevano" la promessa di soldi e regali. Quando, a seguito dell'ennesimo stupro, si è ritrovata incinta, la sua famiglia di accoglienza l'ha rifiutata. Con COOPI ha trovato il coraggio di denunciare l'ultimo dei suoi aggressori: questi è stato arrestato ed è in prigione. Da allora altre ragazze hanno trovato il coraggio di denunciare e, dopo la mediazione effettuata da COOPI, questa giovane è stata riaccolta in famiglia. Adesso è una paladina della nostra campagna e incoraggia le suoi pari a rompere il silenzio.

Dott. Sorgho, come festeggerete la Giornata mondiale del Rifugiato?

Stiamo appoggiando i gruppi locali nella realizzazione di una grande festa che abbia al centro le sfide rilevate con il nostro monitoraggio, sfide che toccano il rispetto dell'età, del genere e della diversità: si terranno spettacoli teatrali, partite di calcio, sfilate, danze, cinema errante, messaggi radio per coinvolgere tutta la comunità.