Repubblica Centrafricana: una situazione sempre più grave. L'appello delle ONG
06-06-2018 | di COOPI

Repubblica Centrafricana: una situazione sempre più grave. L'appello delle ONG

Un bambino su 24 morto nel primo mese di vita, due terzi della popolazione senza accesso ad acqua potabile e la metà in stato di insicurezza alimentare: questi i numeri della crisi umanitaria in corso nella Repubblica Centrafricana. Secondo il bilancio del primo semestre 2018, 1,2 milioni di abitanti sono sfollati interni o nei paesi limitrofi e 2,5 milioni necessitano di aiuto immediato.

Lo stato di insicurezza diffusa è precipitato ulteriormente a causa degli scontri esplosi a maggio tra esercito e gruppi armati a Bangui e a Bambari, con 70 morti, 300 feriti, 10mila sfollati e una moltitudine di case, negozi e moschee saccheggiate. A fare le spese dell’emergenza non sono solo i civili: dall’inizio dell’anno 6 operatori umanitari sono stati vittima degli attacchi diretti alle Organizzazioni operanti nell’area.

Il Comitato di Coordinamento delle ONG (CCO), di cui COOPI è parte, ha lanciato un appello per sottolineare la necessità di incrementare i fondi stanziati per l’emergenza, perché attualmente coprono meno del 10% dei bisogni individuati. Inoltre il CCO ha esortato la comunità internazionale umanitaria a migliorare la capacità di lavoro in rete e ad adottare un approccio allargato, che prenda in considerazione «tanto la componente di sicurezza quanto quella antropologica, giuridica, politica, finanziaria e logistica del paese» allo scopo di rispondere alle difficili sfide sul campo e diventare «attori di un cambiamento profondo».

COOPI lavora nella Repubblica Centrafricana dal 1974 e non ha mai lasciato il Paese. Ad oggi, ha 11 progetti attivi che vanno dall’assistenza alimentare allo sviluppo dell’allevamento, dalla protezione dei minori e delle donne dalle violenze all’accesso all’istruzione. La maggior parte dei progetti sono sostenuti dall’Unione europea e dalle Agenzie dell’ONU.

Scarica qui l'appello completo del CCO (in francese).
Foto: UNHCR/Corentin Fohlen.