Sudan: L'acqua ci basta a malapena per bere
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05-07-2019 | di COOPI

Sudan: L'acqua ci basta a malapena per bere

Nello stato di Kassala, del Sudan orientale, l’acqua è la priorità più importante.

Come ci racconta Mohammed Ahmad, appartenente alla comunità Hidnadwa, il gruppo più numeroso dei Bejaoua, abitanti delle aree intorno a Kassala, dediti all’allevamento di cammelli e mucche.

Mohammed Ahmad nella stazione di pompaggio fuori uso

Vivo nel villaggio di Koja, a circa 100 km nord ovest di Kassala con la mia famiglia, composta da mia moglie e 7 figli, 4 femmine e 3 maschi.

La nostra comunità è formata da circa 2.000 persone che dipendono dalla coltivazione del sorgo: i semi sono l’alimento principale della nostra dieta, mentre il fusto e le foglie vengono destinati all’alimentazione del bestiame da cui ricaviamo latte e carne.

Durante la stagione secca, quando l’assenza di acqua non permette di coltivare, alcuni di noi riescono a trovare occupazione come operai presso i villaggi vicini dove ci sono alcune aziende agricole.

Koja ha poco da offrire anche per i servizi: il centro medico è chiuso da anni, la scuola riesce a malapena a garantire l’istruzione minima dei nostri bambini e non c’è nessuna fonte d’acqua disponibile.

Così siamo costretti ad attingere l’acqua da altre fonti. Durante la stagione secca ci riforniamo al fiume Attibara che dista circa 1 ora di cammino. I più fortunati caricano le taniche d’acqua sull’asino, ma la maggior parte delle persone, me compreso, la trasportano a mano.

In questo modo riusciamo a garantire almeno 10 l giornalieri a ogni membro della famiglia. Ma non sono sufficienti. A malapena soddisfiamo i nostri bisogni essenziali come bere e mangiare e quindi l’igiene passa in secondo piano.

Nel nostro villaggio le malattie sono causate principalmente dall’utilizzo di acqua non potabile e dalla mancanza di igiene, ma non abbiamo alternative.

Adesso anche il cibo scarseggia: a causa dei cambiamenti climatici è sempre più difficile programmare la semina del sorgo, perché negli anni è diventata imprevedibile.

In queste condizioni ci sentiamo indifesi e temo di non poter nemmeno più garantire due pasti giornalieri ai miei figli."

Per supportare le 35.737 persone tra la popolazione sfollata e residente di queste zone, insieme all’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), abbiamo avviato a dicembre 2018 il progetto “Promozione della resilienza al cambiamento climatico delle popolazioni più vulnerabili nello stato di Kassala”, dove le attività di Acqua e igiene e sicurezza alimentare occuperanno un ruolo di primo piano.